Si è parlato molto del sogno di Elon Musk di rendere le auto elettriche più economiche entro pochi anni. Per forza di cose un successo simile (nel dettaglio si parla di produrre una Tesla che costi circa 25mila dollari) farebbe bene a tutta la filiera, spingendo i prezzi di tutte le altre case automobilistiche verso il basso. Per concretizzare questo progetto Tesla ha deciso di puntare da anni sull’abbassamento dei costi delle batterie, investendo molto sulla ricerca e sulla tecnologia.
Il progetto, seppur con diversi ritardi sulla tabella di marcia, sembrava progredire in maniera sostenuta sino alla pandemia che ha ritardato diversi approvvigionamenti di materie prime portando Musk, in più momenti, a chiudere alcuni stabilimenti in tutto il mondo. La chiusura più recente ha riguardato l’impianto di Shangai, avvenuta a metà marzo.
Alla pandemia globale si è però andato ad aggiungere un altro problema, la guerra in Ucraina. Oltre all’enorme tragedia umanitaria, le dinamiche tra Russia e il Paese confinante stanno creando enormi problemi in tantissimi ambiti produttivi, causando un effetto domino che sta spingendo i prezzi di tantissime materie prime (e non) verso l’alto.
Il conflitto in Ucraina ha reso decisamente più complessi i piani di Elon Musk, spingendo i prezzi di nichel e alluminio a livelli record a causa dei crescenti timori che le esportazioni del principale produttore russo possano essere interrotte. Anche i prezzi del litio sono aumentati – più che raddoppiati dalla fine del 2021 – poiché l’offerta è stata inferiore all’aumento della domanda.
L’osservatorio Benchmark Mineral Intelligence ha evidenziato che il più grande produttore russo di nichel – Nornickel – produce circa il 20% delle forniture mondiali della materia prima di classe 1 (di elevata purezza), la più utilizzata nelle batterie per veicoli elettrici. La Russia è inoltre anche un grande fornitore di alluminio, anch’esso utilizzato nella produzione di batterie.

Come stanno rispondendo le case automobilistiche?
La Volkswagen, ad esempio, ha iniziato a esplorare l’acquisto di nichel direttamente dalle società minerarie, come specificato in un’intervista da Markus Duesmann, amministratore delegato della divisione Audi della casa automobilistica tedesca. “Le materie prime saranno un problema per gli anni a venire”, ha affermato Duesmann.
Secondo molti analisti è probabile che la prospettiva di prolungate tensioni geopolitiche acceleri i tentativi da parte degli Stati Uniti e dell’Europa di sviluppare forniture interne di materie prime che spesso provengono dalla Russia. Ci sono giacimenti di nichel, ad esempio, in Canada e Groenlandia.
È tuttavia probabile che la creazione di nuove operazioni minerarie richieda anni, persino decenni, a causa del tempo necessario per acquisire permessi e finanziamenti per operare. Nel frattempo, le aziende che utilizzano il nichel, dovranno fare i conti con prezzi più alti, che alla fine si rifletteranno sui consumatori finali.
Molti si aspettano che i prezzi scenderanno dopo i recenti picchi – ed effettivamente sono un po’scesi – ma rimarranno molto più alti rispetto a un anno fa. C’è però un rovescio della medaglia, che, almeno nel primo periodo potrebbe controbilanciare questa situazione: l’aumento del prezzo del petrolio.
I costi del petrolio, che sono arrivati in alcuni Paesi europei a livelli raggiunti solo nel 2008, potrebbero fungere da contrappeso, stimolando un maggiore interesse per i veicoli elettrici dopo anni di crescente domanda di SUV e camioncini ad alto consumo di gas, soprattutto in ambito commerciale. Cosa ci aspetta nessuno può saperlo, certamente ci auguriamo che la guerra termini al più presto, per il bene del nostro mondo prima che per il futuro delle auto elettriche.
